La conversazione su WhatsApp è considerata prova documentale e quindi ne è consentito il sequestro nei procedimenti penali.
La Cassazione (n. 1822/2018) ha stabilito che le conversazioni di WhatsApp non beneficiano delle garanzie previste per le intercettazioni o per la corrispondenza, perché rientrano nella categoria dei documenti.
I messaggi di WhatsApp e gli sms, rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro, devono essere considerati prove documentali, perché tali conversazioni non rientrano nella categoria delle intercettazioni o della corrispondenza. A tali comunicazioni non sono applicabili quindi le garanzie previste per le intercettazioni e la corrispondenza. Secondo la Cassazione tali informazioni, anche se il loro contenuto è potenzialmente lesivo della sfera personale, concluse le indagini, non essendo più sottoposte a segreto, potrebbero essere rese pubbliche.
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