Siamo in presenza di una Cfc (controlled foreign companies ) quando un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente (anche tramite fiduciaria o interposta persona),  il controllo di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato.

Per avere il controllo è sufficiente che sussistano i limiti di cui all’art. 2359 del c.c. ( maggioranza dei voti esercitabile in assemblea, voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante, altre ragioni per le quali si può esercitare un’influenza dominante).

Per effetto della normativa Cfc, al soggetto residente controllante , saranno imputati i redditi prodotti dalla controllata, prescindendo dal periodo di possesso della partecipazione e dall’effettiva percezione dei dividendi.

Ora  la legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) cambia profondamente il concetto di “regime fiscale privilegiato”.

La novità più significativa è rappresentata dalla sostituzione del riferimento alla black list con un criterio più generale  di regime fiscale privilegiato. Dal 1 gennaio 2016 la disciplina delle CFC opererà ogni qualvolta ci si trovi in presenza di uno Stato o di un territorio in cui il livello di tassazione sia inferiore del 50% rispetto  a quello applicabile in Italia.

Ad esempio:  se la società controllata si trova in un Paese che applica un’imposta del  12,50%, siamo in presenza di una CFC perché l’aliquota applicata è inferiore del 50% rispetto al 13,75% (50% del 27,50% IRES) dell’Italia.

Ora il contribuente italiano dovrà verificare ogni anno il livello di tassazione del Paese in cui è stabilità la controllata.

Dal nuovo comma 1 dell’art. 167 si desume in modo inequivocabile che la nuova disciplina CFC “black list” non trova applicazione per le controllate localizzate in Stati comunitari, in Norvegia o in Islanda.

L’A.G. dovrà chiarire se il confronto deve essere fatto sul livello impositivo effettivo o su quello nominale.