La visita fiscale è un accertamento predisposto dall’INPS o dal datore di lavoro, destinato a controllare l’effettivo stato di salute del dipendente assente dal lavoro (L. 300/1970, art. 5).

Nel biennio 2015/2016 il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile, presso il domicilio indicato sul certificato medico nelle seguenti fasce orarie:

          Dipendenti Statali e degli Enti Locali dalle ore 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 18,00 tutti i giorni della settimana (festivi compresi)

          Personale della scuola stessi orari dei dipendenti pubblici  (la visita fiscale nel primo giorno di malattia si può chiedere solo se questo è contiguo ad un giorno festivo)

          Lavoratori del settore privato dalle ore 10,00 alle 12,00 e dalle 17,00 alle 19,00 tutti i giorni della settimana.

Dal 2014 il medico trasmette telematicamente all’INPS , in tempo reale, il certificato con cui si attesta lo stato di salute del lavoratore. L’INPS può quindi disporre la visita medica fiscale immediata. Le richieste di visita medica, se proposte dal datore di lavoro, devono essere inviate all’INPS mediante servizio telematico (portale INPS – servizio richiesta visita medica di controllo). Il datore di lavoro dovrà rimborsare al medico che effettua la visita il suo compenso: 41,67 Euro (visita domiciliare giorno feriale), 52,82 Euro (visita domiciliare giorno festivo), 28,29 Euro visita domiciliare non eseguita a causa dell’irreperibilità del paziente.

Dalla visita fiscale sono escluse le seguenti  ipotesi:

Malattie nelle quali è a rischio la vita del lavoratore, infortunio sul lavoro, patologie per causa di servizio, gravidanza a rischio, patologie collegate all’invalidità riconosciuta, ricovero ospedaliero o presso altra struttura sanitaria.

In caso di assenza ingiustificata del lavoratore in occasione della visita medica, le sanzioni saranno:

          Perdita del 100% della retribuzione, per i primi 10 giorni di assenza;

          Perdita del 50% della retribuzione per le giornate successive.

Il datore di lavoro, in certi casi (truffa provata), può arrivare anche al licenziamento del lavoratore. La Cassazione, con la sentenza 25162 del novembre 2014, ha ribadito che è legittimo il licenziamento del dipendente che, in malattia, «nei giorni di assenza compiva attività logicamente incompatibili con la patologia stessa – come sollevare una bombola a gas, cambiare una ruota, prendere in braccio la figlia».

Con questa sentenza, i giudici hanno dato il via ad una serie di accertamenti legittimi, da parte dei datori di lavoro, a mezzo di investigatori privati (il Giornale.it del 19 febbraio 2015), che si aggiungono alla possibilità di richiedere la visita fiscale.