Per il ristorante non costituiscono compensi in natura i pasti consumati dal titolare, dai collaboratori, dai camerieri e dal personale in genere. Come chiarito dalla circolare n. 326/E/1997.

L’ esclusione dalla formazione del reddito imponibile delle suindicate prestazioni è subordinata alla condizione che le stesse siano offerte alla generalità dei dipendenti (o a categorie omogenee di essi).

«il servizio di ristorazione alberghiera nel quale vengano somministrati cibi e bevande a favore di dipendenti, soci e familiari dell’imprenditore costituisce prestazione di servizi, non assoggettabile a IVA ove non superi la soglia prevista dall’art. 3, comma 3, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (attualmente euro 50); analogamente, non hanno rilievo ai fini delle imposte dirette le somministrazioni di pasti riferibili ai dipendenti, nonché all’autoconsumo dell’imprenditore, dei familiari e/o dei soci, ove le stesse rientrino nella soglia indicata dall’art. 3, comma 3, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero euro 50 (per singola somministrazione)» Cassazione Ordinanza 25 febbraio 2021, n. 5175 .

Difficilmente il ristoratore o l’albergatore contabilizza separatamente i costi sostenuti per i pasti consumati dallo stesso o dal personale, quindi, come indicato al punto 3.4.33 della “metodologia di controllo di ristoranti, trattorie, pizzerie, osterie con cucina” nella ricostruzione dei ricavi, in sede di accertamento “… saranno necessariamente considerate [in diminuzione] … le somministrazioni riferibili ai dipendenti e all’autoconsumo dell’imprenditore, dei familiari e/o dei soci.